Parlare di poeti dimenticati, vuol dire necessariamente fare un passo indietro nel panorama storico letterario, come riesumare una salma, analizzarla e con fare antropologico riscoprirne i valori. Ogni artista è testimone del proprio tempo e spesso lo è anche per le generazioni a venire, che a distanza di decenni si riscoprono attuali. E’ il caso di Pompeo Bettini( Verona, 1 Maggio 1862- Milano, 15 dicembre 1896). Scrittore, drammaturgo, poeta e traduttore. Artista completamente autodidatta, nato gracile e deforme a causa di una malattia e costretto da problemi di salute e lutti famigliari ad interrompere gli studi, trovò lavoro giovanissimo presso lo stabilimento tipografico Sonzogno che divenne poi la casa editrice tuttora in attività . Di Pompeo Bettini non vi sono molte immagini, se non consideriamo quelle che appaiono sulle copertine delle varie pubblicazioni.
Poeta e scrittore di idee socialiste, fu amico di Filippo Turati e collaboratore della sua rivista “Critica Sociale”. Tradusse dal tedesco il “Manifesto del Partito Comunista” di Marx e Engels che uscì nella rivista Lotta di classe nel 1892. Insegna gratuitamente in una scuola per figli di muratori ed aderisce a molte iniziative sociali che alterna alla scrittura. Le sue poesie uscirono postume per la prima volta nel 1897, stampate in un volume su iniziativa della madre in 400 copie rimaste pressocchè invendute. Solo nel 1947 furono riscoperte da Benedetto Croce che ne curò l’introduzione (le Poesie di Pompeo Bettini- Bari-Laterza 1942)Fu proprio Benedetto Croce a definire la lirica di Bettini genuina e necessaria. Al Bettini viene attribuita una anticipazione della tematica crepuscolare ed ermetica oltre alla contemplazione idillica del trascorrere del tempo e ad una angoscia esistenziale di fondo. Gilberto Finzi ( Mantova 1927-2014 Poeta , Scrittore e Critico) lo definì un post- scapigliato che si differenzia dalla maggioranza degli esponenti di tale corrente, per la sua smaliziata ironia. Fu anche autore di commedie come I Vincitori (1894) un dramma pacifista di ispirazione risorgimentale ripreso e poi tradotto in dialetto milanese da Ettore Albini( 1869-1954) con il titolo la guèra edito nel 1896 con la prefazione proprio di Filippo Turati. Nel 1890 con Sonzogno pubblica La Toga del Diavolo ripresa con un nuovo titolo Poesie e Prose addirittura nel 1970 edito da Cappelli -Bologna a cura di Ferruccio Ulivi. L’opera e il pensiero di questo artista si coniuga e si collega obbligatoriamente al periodo storico post-risorgimentale e all’Unità d’Italia. In una nazione nascente che si apprestava a fare il salto economico e sociale, da una economia prettamente agricola e latifondista ad una economia industriale al passo con le altre nazioni europee, e in un contesto in forte cambiamento Bettini comprende subito l’importanza dell’istruzione delle masse popolari, anche attraverso il suo lavoro di correttore bozze presso Sonzogno. Egli si rende conto di quale importanza può avere l’istruzione e la cultura in quel periodo di quasi fine secolo ottocento, per l’emancipazione delle masse popolari, contadine e operaie. Solo pochi anni prima era stata rivista l’obbligatorietà scolastica che portava a quattro anni l’istruzione elemntare (riforma Casati) di cui solo il biennio era obbligatorio, ai cinque anni della legge Coppino, con obbligo per il triennio. A dimostrazione del suo impegno in tal senso e a testimoniare quanto l’istruzione sia fondamentale e al senso formativo che il giovane Bettini dava al suo modesto impiego di correttore bozze, vi sono le sue pubblicazioni del 1899 Il Viaggiatore poliglotto, vocabolario per la pronuncia dei principali nomi geografici non un libro o manuale ma un semplice opuscolo divulgativo scritto nel modo più semplice possibile, proprio a dar la possibilita di lettura a dei fruitori, come dire, non proprio istruiti. E nel 1891 pubblicava con la Tipografia degli operai di Milano due manuali divulgativi, L’Unità ortografica nelle tipografie Italiane e Il correttore nella tipografia moderna. Bettini attraverso le sue attività partecipa attivamente (assieme ad altri giovani autori,tra cui una giovanissima Grazia Deledda) al quel clima di rinnovamento culturale itaiano che avrebbe portato, non senza ambiguità e contraddizioni, nei primi anni del Novecento, al superamento di quei limiti espressivi di una poesia che aveva perduto nel trascorrere dei secoli, insieme alla chiarezza interiore, il rigore e la coerenza morale. Il Bettini non è stato solo un poeta ma anche uno scrittore dedicandosi alla narrativa e a testi teatrali. Nelle sue poesie sfoga una sua profonda disillusione irrigandola di amarezza nei confronti del futuro. Si serve di immagini topiche , quindi non punta all’originalità per illustrare il contrasto tra l’idilio, la malinconia e l’oscuratezza per descrivere la finitezza e la incompiutezza dei nostri progetti di fronte al trascorrere inesorabile del tempo. Pompeo Bettini visse solo trentaquattro anni e venne sepolto nel Cimitero Maggiore di Milano, poi i suoi resti vennero trasferiti in una celletta funebre.